Libertà di migrare. Perchè ci spostiamo da sempre ed è bene così by Telmo Pievani

Libertà di migrare. Perchè ci spostiamo da sempre ed è bene così by Telmo Pievani

autore:Telmo Pievani [Pievani, Telmo]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9788858422847
editore: Einaudi
pubblicato: 2016-06-06T22:00:00+00:00


1. I confini delle migrazioni.

Confini artificiali cominciano a essere tracciati con la diffusione dell’agricoltura stanziale. Anche dopo essere stati riconosciuti giuridicamente i confini mantengono, tuttavia, una persistente domanda di legittimazione. Sono una sfida, una tensione continua, e impongono di distinguere l’emigrare e l’immigrare. Migrare diventa un collocarsi fuori di un proprio luogo, un essere quasi senza luogo. Individualmente provoca una «doppia assenza» e una doppia presenza, rispetto all’origine e alla destinazione. Tracciare, rispettare, difendere, violare un confine fisso reclama un’unità politica o amministrativa e un suo potere superiore, pratico e sostanziale. Un migrante sfida i confini e disorienta, talvolta li fa evolvere.

Gruppi e popolazioni migranti hanno contribuito a non cristallizzare i confini, a mescolare popoli e lingue, a considerare ogni mutamento di distribuzione degli individui nello spazio come mutamento degli individui oltre che degli spazi. Il migrante impone una relazione permanente fra i confini, appartiene a piú territori sociali e politici (o a nessuno). L’idea di confine condivide uno spazio e separa due identità sociali: non è solo l’ostacolo respingente che si ha di «fronte», è un suolo largo, un fiume, un territorio, una forma di comunicazione in qualche modo con-divisa. Da una parte e dall’altra ci sono aree diverse di vita associata.

Gli ecosistemi sono pieni di confini: nicchie e corridoi di specie, perimetri di areale; barriere geografiche; linee di costa; crinali montani; valichi. La consapevolezza crescente di un luogo, di un territorio sociale, di un habitat, di un ecosistema, poi di confini, di invasioni ed evasioni è diventata una componente culturale cruciale delle attività umane. La specie umana sapiente è l’unica che si è rivelata capace di separare per via culturale ecosistemi prima uniti. I confini antropici fanno la differenza: il proprio territorio può essere il terreno coltivato e la residenza collettiva connessa. Poi il proprio villaggio, la propria città, ente religioso commerciale politico, coordinamento di attività nello spazio, nodo d’itinerari, base di mercato. La progressiva urbanizzazione della specie umana è un aspetto cruciale: non si va soltanto dalla campagna al nucleo preurbano e poi urbano, si va da un luogo aperto a un luogo chiuso, dentro il quale si può incontrare e scambiare quasi tutto, dal quale si può poi partire ancora, migrare altrove.

Andrebbe assegnato un valore antropologico periodizzante alla delimitazione di confini istituzionali, soprattutto quando significa centralizzazione dei poteri decisionali, controllo della forza e dell’informazione, forme di schiavismo, gerarchia. Prima dello Stato nazionale sono esistiti altri stadi dell’organizzazione politica, burocratica, militare. I confini avevano una dimensione temporale, se impermeabili, se superati, se reversibili. Anche i confini degli Stati nazionali hanno avuto un’evoluzione sia fisica che culturale e certo erano piú permeabili fino a quando non fu lo Stato nazionale l’unica forma di divisione della superficie terrestre.

Confinare la propria residenza individuale o familiare, di gruppo e collettiva, avvia la storia antica delle migrazioni verso una sociologia delle migrazioni, per studiare e comparare le società umane e le loro istituzioni. E contribuisce molto anche alla geografia e alla storia dello specifico impatto di Homo sapiens sul pianeta e sui singoli ecosistemi sempre piú antropizzati.



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